Sull’isola di Licosa, ove si erge maestoso un grande faro, sono ancora evidenti i resti di un pavimento a mosaico dell’età imperiale. 

Deliziose le piccole calette ed i bellissimi flysh, particolare conformazione rocciosa del Cilento, una stratificazione della roccia costiera causata dal sollevamento dei rilievi interni. 

Scenografico è il palazzo marchesale della prima metà del XIIV secolo e la deliziosa chiesetta oggi restaurati, sopravvissuti al bombardamento inglese del 1806. 

Del promontorio di licosa ne narrava già Omero, nel suo poema, l’Odissea. La natura ingannevole di questo tratto di mare, per le impreviste secche, faceva qui attribuire la dimora delle sirene.

Licosa, difatti, trae il suo nome dalla sirena Leucosia; la cui leggenda narra di tre sirene (Leucosia, Ligea e Partenope) il cui compito consisteva nel sedurre Ulisse ed i suoi marinai, quando egli transitò qui con la sua nave nel viaggio di ritorno ad Itaca.

Conscio del pericolo, l’eroe si fece legare all'albero della nave e ordinò che i suoi uomini si tappassero le orecchie con la cera. In questo modo riuscì ad attraversare indenne quel tratto di mare.

Secondo il poeta ellenistico Licofrone le tre bellissime sirene, Leucosia, Ligea e Partenope, disperate per il disonore di non aver ammaliato Ulisse, si suicidarono lanciandosi in mare dall'alto di una rupe. Il corpo della sirena Leucosia fu tramutato in scoglio da Giove.